STATUTO DELLE DUE VILLE DI FORNI DI SOPRA E DI SOTTO

(Dall’originale pergamenaceo custodito nell’archivio Bonati Savorgan d’Osoppo, busta 48, fascicolo 7 . Redatto in latino.)

STATUTO DELLE DUE VILLE DI FORNI DI SOPRA E DI SOTTO

( 10 APRILE 1497 )

In nome di Cristo, amen. Anno del Signore 1497. Riunione del XV giorno del decimo giorno del mese di aprile. Nella Villa di Forni di Sopra, riuniti insieme gli uomini del predetto Forni nel luogo consueto (la piazza della fontana, n.d.r.).

Tutti a nome proprio ed in rappresentanza di tutti gli altri assenti di Forni di Sopra, con la promessa a questi di curare i loro interessi, volendo provvedere a tutte quelle cose che i suddetti uomini avessero in comune con gli uomini di Forni di Sotto ed a quelle che apparissero necessarie per il bene comune, come un ordine ed una legge comune con le quali in futuro le suddette Comunie vogliano reggersi e governare affinché siano evitate tutte le risse e gli scandali che per qualsiasi motivo possano nascere ed una solida pace unita a bontà ed a rapporti fraterni sia sempre con essi, elessero ser Michele Onger gastaldo di Forni di Sopra, senza che potesse rifiutarsi, ser Pietro Gerardi Coradazzi, ser Floriano Culai, ser Antonio Federici, presenti ed accettanti, come sindaci generali (gli attuali consiglieri o assessori, n.d.r.) del predetto comune e dando e concedendo ai predetti sindaci piena e generale licenza e libertà di mandato, con il quale insieme ad altri quattro sindaci da eleggere per gli uomini di Forni di Sotto possano deliberare e provvedere, ordinare o cambiare (le regole) e prestino attenzione e curino tutte quelle cose che saranno necessarie per il bene e l’utilità di entrambi i Comuni e per le regole del buon vivere. E di non stravolgerle per nessuna ragione o causa sotto pena di venticinque piccoli da applicare a qualsivoglia contraffacente del Comune, affinché le disposizioni già deliberate possano restare valide. Per tutte queste cose da osservare con fermezza i predetti uomini hanno dato come garanzia tutti i beni loro e dei loro successori, sia presenti che futuri.

Forni di Sotto, 11 aprile 1497

Il detto anno della riunione, il giorno 11 aprile , nel paese di Forni di Sotto. Nell’abitazione del signor presbitero Cardini, pievano del suddetto luogo. Ivi furono riuniti ser Michele Onger, ser Pietro Gerardi Coradazzi, ser Floriano Culai e ser Antonio Federici che sono intervenuti in nome del Comune e degli uomini di Forni di Sopra, e ser Sualdo Bisoleti, ser Andrico Bisoleti, ser Paolo Patriarca e ser Francesco Donati Mariuci che sono intervenuti in nome del Comune e degli uomini di Forni di Sotto, eletti sindaci affinché, per la libertà ad essi concessa dai detti Comuni, considerate tutte le cose che devono essere prese in considerazione, sia data ad essi la potestà di intervenire su di esse con grandissimo e responsabile rispetto.

Invocato il nome dei Cristo e della Sua sempre Vergine Madre Maria, da questi possano venire giudizi retti e giusti.

I sottoscritti giurarono e conclusero che si sarebbero fatti ordinamenti, leggi e modi di applicazione a similitudine degli Statuti, con i quali ora ed in futuro le Comunie e gli uomini di Forni di Sopra e di Sotto dovranno reggersi e governarsi tenendo fede alle loro lodabili, antiche ed inveterate consuetudini. A lode e gloria dello stesso onnipotente Dio, e della Sua intemerante Vergine Madre Maria, ed anche al rispetto ed onore del beato Marco evangelista e dell’eccellentissimo nostro Signore ducale del Veneto e dei magnifici signori Savorgnani. All’utilità, infine, ed alla conservazione ed alla pace dei soprascritti Comuni di Forni di Sopra e di Sotto, come di seguito si può leggere:

E per primo che i giudizi di Forni di Sopra e di Sotto negli appelli delle sentenze dei giudici delle due parti siano comuni e alternati: vale a dire che se qualcuno si volesse appellare da qualche sentenza di Forni di Sopra si debba appellare al giudizio di Forni di Sotto; e parimenti, al contrario, se qualcuno si volesse appellare da qualche sentenza di Forni di Sotto, si debba appellare al giudizio di Forni di Sopra: come fino a questo momento è stata sempre consuetudine. E questa disposizione ci si tenga in seguito negli appelli, vale a dire quando occorra a qualcuno di appellarsi da qualche sentenza di un altro giudizio: il gastaldo ed i giurati i quali emisero la sentenza devono informare due testimoni ed a questi dichiarare la sentenza che è stata emessa, assieme alle cause che la hanno prodotta: I quali testimoni, di seguito così informati, devono riportarla ad un altro giudizio (cioè tribunale) presso il quale sia stato richiesto appello: così che conoscendo la sentenza circa l’appello di tal fatta si debba far prestare giuramento ai due suddetti testimoni così che non possano alterarla come ad essi sembri opportuno. I quali testimoni abbiano o debbano avere per se stessi una ricompensa per la loro funzione di otto soldi di piccoli a testa.

E che qualsiasi persona che si volesse appellare, si debba appellare subito e nello spazio di tre giorni dal giorno della sentenza e che l’appello debba svolgersi nel più breve tempo possibile. E che chiunque si possa appellare da qualche sentenza e soprattutto nei confronti di altre persone, eccetto che chi si sia servito della testimonianza di un altro, ossia che la testimonianza sia stata riferita da un’altra parte, non possa riferire la testimonianza stessa. E parimenti che nessuno possa appellarsi riguardo gli animali da lavoro né sulla casera.

 

Parimenti che se qualche avvocato sia creditore di qualcuno di Forni di Sopra o di Sotto debba essere soddisfatto nel termine di tre giorni; l’abitante del territorio invece debba essere soddisfatto nel termine di otto giorni dopo che il debitore sia stato citato e convenuto davanti al gastaldo; e che il pegno (da darsi come forma di pagamento) debba essere stimato dal mariga e dai giurati e che se il creditore o il debitore volesse rifiutare la stima fatta, la debba rifiutare subito, e di nuovo il pegno debba essere ristimato con giuramento degli uomini a ciò delegati. Che il pegno stia presso una terza persona per un giorno se il debitore voglia riscattarlo. E dichiari  il primo creditore di essere soddisfatto con i beni mobili che siano concessi dal debitore, in modo che il creditore le possa asportare. E che se non si fosse reperita una buona quota di beni mobili per soddisfare il debito, che il creditore tragga soddisfazione con i beni fissi (gli immobili) che siano concesse ed accettate dal debitore, e che non ci sia nessun altro atto o patto tra creditore e debitore.

Parimenti circa i patti espressi e di qualsiasi natura essi siano, e similmente dei denari presi a prestito, il debitore abbia tempo tre giorni per rendere soddisfazione al creditore, dopo essere stato citato e convenuto dinanzi al gastaldo per il giudizio. E per ricompensa del danno subito sia data soluzione al creditore impaziente con pronta moneta, ogni eccezione esclusa; e che, se non per patto espresso, nessun altro accordo ci sia tra le parti.

Se qualcuno ancora fosse creditore circa dei maiali, che per prima cosa lo si soddisfi con i detti maiali vivi se ci siano, o con la loro carne; in caso contrario debba essere soddisfatto secondo la legge ed i termini soprascritti.

Parimenti per evitare qualsiasi inconveniente e danno che tra le Comunie possano nascere, ed affinchè  la rendita del fitto e l’introito dei predetti signori dei Comuni di Forni di Sopra e di Sotto si conservino intatti, si è deliberato dai sindaci eletti ciò che segue, che nessun uomo o persona che paghi o corrisponda un qualche affitto o gabella circa i beni ed i possedimenti ai loro predetti signori, possa né voglia vendere i detti beni ad alcuno, né alienarli in qualsiasi modo né impegnarli se prima non si sia data garanzia e assicurazione circa l’affitto ai suddetti signori. Diversamente la vendita o l’alienazione o l’obbligazione non abbia valore. E questo ugualmente debba essere tenuto presente ed osservato da chi debba pagare un affitto alle chiese o alla gastaldia di Tolmezzo.

 

Parimenti , affinchè permangano l’amore e la carità, come si conviene , ed affinchè i beni stabili che furono……( lacuna . Verosimilmente : “venduti” ) da un qualche consanguineo non vadano a persone estranee e…..( lacuna ), si è determinato che per il resto nessuno, qualsiasi fosse la sua condizione, possa o voglia vendere alcunché dei suoi possedimenti ed i beni stabili a qualche persona estranea se non prima di offrire quelle cose ai suoi parenti prossimi o consanguinei, cominciando dai fratelli fino al terzo grado di parentela…..( lacuna). Per altro nessuna vendita abbia valore.

Parimenti , dal momento che i predetti uomini appartengono alla Patria del Friuli ed hanno i propri Signori rappresentanti nella detta Patria, ricevano vino e granaglie (biada) nella misura che nella suddetta Patria fino allora fu sempre consuetudine, e fino qui ebbero ciò con il solito peso “ trevigiano “, e questo apprezzino assai quando siano sottoposti completamente alla detta Patria, così da non sembrare estranei in nessun modo; e questi uomini stabilirono che in seguito qualsiasi persona di Forni di Sopra e di Sotto abbia e debba avere vino e granaglie con il peso stabilito della Patria del Friuli e quello debba usare sia nel comperare che nel vendere: e che questi debbano essere sottoposti alla pena di cinque soldi di piccoli per qualsiasi incarico e per qualsiasi cosa abbiano contraffatto; la metà di questa pena sia devoluta ai predetti Signori dei Comuni, l’altra metà al Comune dove sia avvenuta la contraffazione, essendo tuttavia riservato il diritto dei detti Signori delle chiese e del gastaldo di Tolmezzo.

Parimenti che gli osti ed i titolari di taverne, come prima fu sempre consuetudine nel vendere vino al minuto, debbano venderlo con la misura di mezzo boccale (mezzetta) al prezzo che ad essi fu imposto (dalle autorità), e non in altro modo; e ciò sotto la pena di 40 soldi di piccoli per qualsiasi contraffazione sia stata fatta: la metà di ciò vada nelle mani dei Signori, l’altra metà nelle mani del Comune ove sia avvenuta la contraffazione.

Parimenti che chiunque possieda vino e lo voglia vendere al minuto, per prima cosa debba fare denuncia e richiesta al mariga ed ai giurati affinchè diano il permesso; e dopo che ci sia stata la richiesta e la concessione, non si possa contravvenire a ciò, ma si debba vendere il vino come stabilito. E si debba dare a chiunque ne faccia richiesta subito il prezzo imposto, con monete o con pegno: sotto pena di pagare (la contravvenzione) come sopra descritto e che sia da dividere come già detto.

Parimenti che i panni grossi e le tele che siano tessute debbano essere lunghe 6 passetti ( = due piedi e mezzo ) per ogni braccia. E questo sotto pena di 20 soldi di piccoli da evolversi al comune ove sia avvenuta la contraffazione. E che nessuno, sia esso cittadino o rurale, possa vendere i detti panni e tele senza espressa licenza del mariga e dei giurati sotto la pena sopraddetta, e colui che volesse vendere sia tenuto ad osservare le norme stabilite dal Comune.

Parimenti in seguito che si elegga un solo uomo per Comune, con giuramento dato al gastaldo, che fedelmente e diligentemente debba provvedere ai pesi e debba seguire tutte quelle merci che si vendano a peso, e questo valga tanto per i cittadini che per i rurali, per quelli che vendono e per quelli che comprano; e questo perché nessuna frode sia commessa.

Parimenti che ogni volta che quelli di Forni di Sopra vengano trovati dai guardiani, e da quelli che abbiano l’autorità di pignorare, a pascolare con i loro buoi e cavalli nei prati e terreni di pertinenza di Forni di Sotto, con inizio dal luogo che si chiama Marodia e fino al rio Tuda, o andare con i loro carri e carretti al di fuori della strada per i suddetti prati, siano condannati alla pena di due soldi per ogni bue e di quattro soldi per ogni cavallo o cavalla. E similmente anche se quelli di Forni di Sotto fossero trovati dalle guardie campestri di Forni di Sopra, o da altri che avessero autorità di pignorare, a pascolare con i loro buoi e cavalli nei prati e nei loro possedimenti, cominciando dal luogo che si chiama Marodia e fino al luogo che si chiama Rio di Stabia, sia che vengano trovati con i loro carri e carretti ad andare al di fuori della strada e passare attraverso i loro prati, siano condannati come sopra detto. La quale pena sia devoluta al Comune ove sia avvenuto il fatto.

Parimenti se qualche gregge di pecore o di armenti di Forni di Sopra venisse trovato a pascolare nei prati o nei pascoli di Forni di Sotto entro i suoi confini, vale a dire dal Marodia fino al rio Ruadia; e similmente se venissero trovate pecore o armenti di Forni di Sotto pascolare nei pascoli o prati di Forni di Sopra entro i loro confini, cioè dal Marodia fino al Ruadia, che siano condannati da ciascuna delle parti, per qualunque gregge ed armento, al pagamento di soldi 20 in piccoli ; e per il pegno si prenda una pecora ed un armento : che tuttavia i pegni si possano riavere indietro tutte le volte che fossero stati pagati i sopraddetti venti soldi come detto sopra. La quale pena sia devoluta al Comune ove si sia commesso il misfatto.

Parimenti che ogni volta che si trovino pecore o capre di Forni di Sopra pascolare sui monti pertinenti al Comune di Forni di Sotto, e viceversa quando si trovino pecore o capre di Forni di Sotto pascolare sui monti di Forni di Sopra, sia comminata una pena per ciascun gregge di otto libbre di piccoli . E che alla parte contraffacente che non possa pagare si possano prendere 6 pecore in pegno. E questo si intenda stabilito dal giorno di San Canciano ( 5 agosto ) fino a Santa Maria di settembre (8 settembre). Ciò restando fermo il diritto di stimare il danno nel luogo ove sia avvenuto il fatto. E se una delle parti si rifiutasse di dare il pegno imposto, le venga raddoppiato il pegno. La quale pena sia devoluta al Comune ove sia avvenuto il fatto di cui sopra.

Parimenti che nessuno, di qualsiasi condizione sia, possa o voglia per sé o altri, con qualche colore o altro mezzo, per vendere, segnare o far segnare alcun albero di abete rosso o di larice nei borghi dei detti Comuni, così come risultano al presente e come saranno in futuro, sotto pena di una marca di 8 libbre di piccoli per ciascun legno: la qual pena vada al Comune ove sia avvenuto il fatto. Possa tuttavia chiunque senza pena segnare nei detti Vici la legna in caso di stretta necessità ed uso proprio.

Parimenti che otto giorni prima della Natività di nostro Signore Gesù Cristo e fino a otto giorni dopo; e così che otto giorni prima della Resurrezione di nostro Signore e fino a otto giorni dopo; così che dalla festa di San Pietro di giugno (29 giugno) fino alla festa di san Lorenzo (10 agosto), siano e debbano essere…..( lacuna . Verosimilmente : “ concesse” ) le “ferie”, così che nessun debitore debba essere molestato entro questi termini, né citato, sia esso rurale che cittadino. Questo con l’eccezione del debito in favore dei Signori dei sopraddetti Comuni, chiese e gastaldie di Tolmezzo: e con l’eccezione in favore delle opere e dei compensi sopra i quali debba essere esercitato il diritto sommario e la sua esecuzione, non essendo applicabile la regola delle suddette “ferie”, e ciò con esclusione di qualsiasi eccezione.

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